Le api locali vanno tutelate con una legge ad hoc.

Abbiamo la fortuna di vivere in Italia, patria dell’ape da miele della sottospecie ligustica da tutto il mondo considerata quella che meglio di tutte si adatta ad essere allevata. Ci sono intere nazioni dove le api da miele tradizionalmente non erano presenti, come la Nuova Zelanda e l’Australia, che quando hanno deciso quale di esse importare hanno scelto l’Apis mellifera Ligustica ed ora la allevano in purezza.

Dato che nessuno è profeta in patria, recentemente alcune aziende italiane hanno deciso di allevare altre sottospecie ed anche ibridi e questo malgrado sia oramai di dominio pubblico che le api da miele adattate al loro territorio offrono prestazioni migliori sia rispetto alla resistenza alle malattie che alle minori spese di gestione.*

In Italia, seppure predominante, non esiste solo la sottospecie ligustica. In tutta la Sicilia era presente originariamente un'altra sottospecie, l'Apis mellifera siciliana, mentre nelle vicinanze dei confini settentrionali, vivono o vivevano altre sottospecie come Apis mellifera carnica (confine Italia-Slovenia), Apis mellifera mellifera (confine Italia-Francia e Italia Svizzera). In area alpina erano inoltre presenti degli ibridi naturali: Apis mellifera ligustica X Apis mellifera carnica in Friuli e Apis mellifera ligustica X Apis mellifera mellifera in Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige.

Chi alleva api ibride lo fa per avere una maggiore produzione di miele. Il motivo risiede nel fenomeno dell’eterosi che, nella prima generazione, può apportare un qualche vantaggio produttivo se si paragonano le prestazioni di regine ibride con quelle di sottospecie autoctona ma non selezionate e solo quando la stagione è molto favorevole. Lo fa, inoltre, per sfruttare alcuni loro comportamenti, come ad esempio l’estrema docilità della sottospecie carnica, che non sempre le api locali hanno. Ma le uniche api che sono in equilibrio con l’ambiente sono quelle autoctone perché perfettamente sincronizzate al clima e alla vegetazione locale. Solo allevando esclusivamente queste, per via delle modalità di accoppiamento delle api, è possibile mantenere la preziosa stabilità. Infatti le api regine si fecondano in volo con molti maschi provenienti da un vasto areale. Se in un territorio si introducono api di altre sottospecie o anche ibridi (che hanno nel loro DNA quello di varie sottospecie), in pochi anni si otterrà un miscuglio non ben precisato.

Per questo motivo chi usa api aliene è costretto a rimpiazzare frequentemente (di norma dai due ai quattro anni) le regine dei propri alveari per mantenere una produzione adeguata ed una certa docilità. Per di più costringerà i colleghi che operano nel medesimo territorio a fare lo stesso in quanto sarà impossibile per loro tutelarsi dalle ibridazioni incontrollate. 

Ma non è finita qui. Il modello di apicoltura industrializzato alla lunga non è sostenibile neppure per la stessa apicoltura professionale. Gli ibridi si producono a partire da api di sottospecie pura e qualsiasi sottospecie ha bisogno di grandi areali per potersi mantenere in purezza. Se il modello di apicoltura industrializzato si diffondesse capillarmente ogni speranza di mantenere le sottospecie in purezza svanirà e con esso anche la possibilità di fare apicoltura da reddito.

Il rischio di perdere le sottospecie autoctone non è affatto un’eventualità remota. Se in Italia questa è una situazione nuova, per via del fatto che la ligustica (universalmente conosciuta come ape italiana) ha sempre espresso performance elevate che hanno sconsigliato gli apicoltori ad abbandonarla, nel resto d’Europa il modello di apicoltura che prevede l’uso di ibridi e sottospecie non autoctone è diffuso da tempo. Qui le sottospecie locali sono relegate in piccolissime aree e mantenute in purezza grazie a speciali e costosi programmi di salvaguardia con il conseguente dispendio di denaro pubblico. Una cosa analoga è successa anche in Sicilia dove fino a meno di un secolo fa viveva incontrastata una particolare sottospecie, l’Apis mellifera siciliana, che solo grazie all’intervento in extremis di alcuni apicoltori illuminati, assieme ad accorti amministratori pubblici e ad alcuni ricercatori, è riuscita a salvarsi dall’estinzione.

Questa situazione di minaccia per la conservazione delle sottospecie autoctone di Apis mellifera ha spinto i maggiori esponenti della ricerca scientifica italiana ed alcune personalità di rilievo del mondo dell’apicoltura e dell’ambientalismo ad estendere in modo condiviso e a divulgare un “Appello per la tutela della biodiversità delle sottospecie autoctone di Apis mellifera Linnaeus, 1758 in Italia”. Un importante documento scientifico più noto sotto il nome di Carta di San Michele all’Adige. Si tratta di un consensus paper ricco di oltre 70 riferimenti bibliografici che avvalorano le sue conclusioni.  Questo documento è stato redatto e firmato dal CREA-AA, il principale Ente di ricerca italiano dedicato alle filiere agroalimentari e vigilato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali, dall’IZSVE, il Centro di referenza nazionale per l’apicoltura e da una miriade di altri enti di ricerca quali: il Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e forestali dell’Università degli Studi di Palermo, il Dipartimento di Agraria, Università degli Studi di Sassari, il Dipartimento di Scienze Veterinarie, Università degli Studi di Pisa, il Dipartimento di Scienze Animali, Vegetali e dell'Ambiente, Facoltà di Agraria, Università degli studi del Molise, il Dipartimento di Scienze Agroalimentari, Ambientali e Animali, Università degli Studi di Udine, il Dipartimento di Agraria, Università degli Studi di Napoli Federico II, il Dipartimento di Agronomia Animali Alimenti Risorse Naturali e Ambiente, Università degli studi di Padova, il Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari, Università degli Studi di Torino, il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali Università degli Studi di Perugia, la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige (Tn), solo per citarne alcuni.

Malgrado la comunità scientifica italiana sia pressoché concorde sulla necessità di tutelare le sottospecie autoctone, ciò non ha prodotto un altrettanto unanime consenso tra gli operatori economici. A questo punto è urgente che lo Stato Italiano si prenda cura di un bene che non è solo degli apicoltori ma di tutti i cittadini e intervenga con una normativa ad hoc.

 

* Buchler R., Costa C., Hatjina F., Andonov S., Meixner M.D., Le Conte Y., Uzunov A., Berg S., Bienkowska M., Bouga M., Drazic M., Dyrba W., Kryger P., Panasiuk B., Pechhacker H., Petrov P., Kezic N., Korpela S., Wilde J., 2014. The influence of genetic origin and its interaction with environmental effects on the survival of Apis mellifera L. colonies in Europe. Journal of Apicultural Research, 53(2): 205-214.

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